Secondo uno studio riportato dall’Independent, riducendo l’orario di lavoro diminuiscono le probabilità che gli impiegati si ammalino e siano stressati, inoltre chi lavora meno ore tende a lavorare di più. Sarebbe bello, eh? Avresti qualche ora in più da dedicare alle tue passioni o alla tua famiglia e potresti rimandare la sveglia. Ma vediamo di cosa si tratta…
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Il caso Svartedalens
Per circa un anno, le infermiere della casa di riposo Svartedalens hanno lavorato sei ore al giorno percependo lo stesso salario previsto per turni di 8 ore. Fanno parte di un esperimento finanziato dal governo svedese che intende dimostrare che giornate lavorative più brevi aumentano la produttività. Sarà vero? A quanto pare si.
Certo, è difficile convincere i datori di lavoro dell’efficacia di un orario di lavoro ridotto, non basta certo elencarne i benefici che ne trae il dipendente! Ma raccogliendo i dati di un anno di lavoro a Svartedalens e confrontandoli con i risultati ottenuti in un contesto lavorativo simile, gli studiosi si sono accorti che le assenze per malattia 68 infermiere che avevano lavorato per sei ore al giorno erano inferiori del 50%. Inoltre le richieste di permessi e giorni liberi erano nettamente diminuite.
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“Se le infermiere trascorrono più tempo al lavoro e sono più sane, questo vuol dire che è aumentata la continuità nella casa di riposo,” sostiene il ricercatore Bengt Lorentzon. “Il che significa maggiore qualità.” Ci sorprende molto meno il fatto che il livello di felicità delle infermiere sia aumentato del 20% e che hanno dichiarato di sentirsi più energiche sia al lavoro che nel tempo libero. Ciò ha permesso loro di svolgere un 64% in più di attività con gli anziani residenti nella casa di riposo, fattore che rappresenta uno dei dati di valutazione della produttività.
Orario di lavoro ridotto in Europa e nel mondo
Svartedalens non è l’unico caso da tenere in considerazione in Europa. In Svezia erano già stati fatti dei tentativi per ridurre l’orario di lavoro: dal 1989 al 2005, i lavoratori impegnati nei servizi a domicilio di un comune svedese hanno lavorato sei ore al giorno, ma non sono stati raccolti dati utili a dimostrare l’efficacia dell’orario di lavoro ridotto.
L’esperimento di Svartedalens è stato concepito per evitare il problema: “Si tratta di un esperimento molto ordinato perché basato su un unico gruppo omogeneo di lavoratori,” sostiene Lorentzon. In Svezia, nel settore privato, questa pratica sta prendendo piede in ambienti lavorativi come quello dei Toyota service centers di Gothenburg. Nel Regno Unito, un’agenzia di marketing ha adottato un programma scaglionato per far sì che si lavori meno assicurando comunque la copertura del servizio; secondo un sondaggio 6 datori di lavoro britannici su 10 sono concordi sul fatto che ridurre l’orario di lavoro è un buon metodo per aumentare la produttività.
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Il risultato dello studio svedese dimostra proprio questo incremento della produttività, ma il mondo del lavoro è pronto ad accettare un tale cambiamento? “La giornata lavorativa di sei ore non è stata ben accolta da molti paesi perché le organizzazioni temono che il livello di produttività possa precipitare,” sostiene Pramila Rao, associate professor of human resource management della Marymount University.
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Anche se i risultati sono incoraggianti, è difficile che l’orario lavorativo ridotto venga adottato in tempi brevi negli Stati Uniti. Gli americani lavorano circa 38,6 ore a settimana, di solito hanno meno di otto giorni di ferie pagate all’anno. “Il modello svedese non verrà accettato facilmente negli U.S.A. perché siamo una nazione di workaholic,” sostiene Pramila Rao.
“In molte aziende oggi, c’è ancora quella mentalità in base alla quale bisogna stare in ufficio,” aggiunge Carol Sladek, work-life consulting lead della Aon Hewitt LLC. “Ridurre l’orario lavorativo è piuttosto estraneo ai nostri valori complessivi.”
John Maynard Keynes non la vedeva così. Infatti aveva previsto che il progresso tecnologico ci avrebbe portato a lavorare meno e ad avere più tempo libero; secondo Keynes nel 2030 dovremmo lavorare circa 15 ore a settimana. Questa profezia è stata confermata da Herman Kahn, che negli anni sessanta dichiarò che gli americani avrebbero prima o poi lavorato 4 giorni a settimana con ben 13 settimane di vacanza. Per ora però, questo futuro ci sembra ancora lontano.
Altri studi sull’orario di lavoro
Lo studio svedese non è stato il primo a prendere in considerazione un eventuale legame tra lavoratori più felici e riposati e datori di lavoro più soddisfatti. Secondo un documento della Stanford University pubblicato nel 2014 il rapporto tra ore lavorate e produttività si è rivelato piuttosto debole. Questa ricerca ha dimostrato un rapporto “non lineare” tra ore lavorate e resa: i risultati cominciano a calare quando si va oltre le 50 ore a settimana. Infatti, troppo lavoro danneggia la produttività.
E ci sono delle considerazioni matematiche da fare… La riduzione dell’orario di lavoro può essere dispendiosa se l’aumento della produttività garantisce un risparmio inferiore al costo di assunzione di ulteriori dipendenti. A Svartedalens è stato necessario assumere altre 15 infermiere, circa metà della spesa per l’assunzione è stata coperta dal risparmio scaturito dal calo delle assenze per malattia. Detto questo, l’esperimento non considerava il modo in cui il miglioramento della produttività influisce sul bilancio finale.
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Negli Stati Uniti, alcune aziende hanno tentato di garantire una certa flessibilità adottando settimane lavorative di quattro giorni mantenendo lo stesso numero di ore complessive. A quanto pare questo espediente, e la prospettiva di avere a disposizione weekend più lunghi, rende i dipendenti più motivati e concentrati.
Circa il 30% dei 1060 datori di lavoro presi in esame da Aon Hewitt offre una settimana lavorativa compressa. Quasi il 60% delle aziende garantisce la flessibilità, permettendo ai propri dipendenti di decidere quando arrivare sul luogo di lavoro e quando andare via. La ricerca ha dimostrato che i lavoratori che possono decidere i propri orari lavorativi sono meno stressati e inclini al burnout e che sono più soddisfatti.
“I dipendenti preferirebbero avere più tempo libero, ma in mancanza di esso, concedergli un po’ di controllo è un’ottima alternativa,” sostiene la Sladek. “Siamo come i bambini: finché riusciamo a controllare il nostro ambiente ci sentiamo bene.”
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