Diventare life coach: il maggior rischio è quello di mettere da parte se stessi
Se vuoi diventare life coach, la prima cosa che devi ricordare è che aiutare gli altri non significa dimenticare te stesso.
“Il life coaching è una professione molto in voga in Gran Bretagna.” Scrive Rebecca Burn-Callander sul Guardian. “Il trend nasce in America oltre dieci anni fa e descrive un particolare genere di istruttore, altrimenti conosciuto come executive coach. Aiuta le persone a raggiungere obiettivi nella loro carriera o a superare problemi personali.”
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I life coach lavorano spesso presso grandi aziende che intendono aiutare i propri dipendenti. Secondo la Henley Business School, l’83% delle aziende intendono utilizzare il coaching per aiutare lo staff a sviluppare le proprie capacità.
Ne avevamo parlato in questo articolo: “Perché assumere un coach per i propri dipendenti?“
Quest’anno, la Coach Masters Academy ha addirittura lanciato la sua certificazione in life coaching. Ma, secondo Lydia Amoah, detta anche “Coach Lyds”:
“Non tutti sono nati per il coaching, bisogna amare davvero le persone, perché questo è un lavoro che prevede una buona dose di altruismo. Bisogna essere presenti con i propri clienti, ascoltare le loro sfide e aiutarli ad affrontarle.”
La Amoah svolge questo lavoro da 20 anni e può vantare clienti molto prestigiosi, e ci ricorda che può essere molto difficile staccarsi dal proprio lavoro. “Bisogna imparare a porsi dei limiti sani, altrimenti non si riesce a vivere la propria vita. Bisogna mettere in pratica ciò che predichiamo.”
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I clienti che affrontano delle difficoltà possono telefonare e mandare messaggi anche di notte e durante il weekend. “Amo il fatto che i miei clienti mi considerino raggiungibile, ma devo prendermi cura di me stessa, e perciò gli spiego che la domenica è il mio giorno libero e di notte stacco il telefono.”
La Amoah segue anche un rituale al termine di ogni giornata lavorativa per scrollarsi lo stress di dosso. “Mi faccio la doccia non appena giunta a casa e immagino di lavar via la giornata,” racconta. “A volte senti cose sconvolgenti e alcune sessioni possono essere molto emotive. Sciacquo via tutto ciò che ho ascoltato.”
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Altri consigli pratici per chi vuole diventare life coach
La Amoah ci consiglia di costruire un rapporto con i clienti tale da permettere a entrambi di rimandare gli appuntamenti. “Ma ho un contratto di coaching che richiede 24 ore di preavviso,” aggiunge.
Ma cosa succede se il cliente pensa che il coaching non lo stia aiutando affatto? “Ho delle linee guida per spiegare ai clienti che sono loro stessi responsabili dei propri progressi,” sostiene la Amoah.
“E quando parte il coaching, lavoriamo sempre sul tipo di successo richiesto. Se è qualcosa tipo, ‘Voglio essere più sicuro di me stesso sul lavoro’, allora lavoriamo su obiettivi attuabili in tal senso, magari una promozione”
“Poi parliamo di come ottenere questa promozione,” continua. “E di cosa vogliono ottenere al termine della sessione – una strategia per ottenere un aumento, forse? Si cerca di creare lo spazio necessario perché possano lavorare sui loro obiettivi e raggiungerli. Gli faccio scrivere tutto: è così che scrivono il proprio contratto di coaching.”
È importante anche darsi delle scadenze, per creare un senso di urgenza.
“Il life coaching può essere un lavoro molto gratificante ma bisogna stare attenti a non diventare dei martiri,” sottolinea la Amoah. “Dare potere alle altre persone conferisce potere anche a noi stessi, ed è la sensazione migliore del mondo quella che abbiamo quando i nostri clienti riescono a rivoluzionare la propria vita, ma bisogna fare attenzione a non perdere di vista la nostra nel farlo.”
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