Per spiegare cos’è il growth hacking bastano poche parole: un mindset, un atteggiamento mentale diverso, orientato alla crescita. Diventare growth hacker significa portare il marketing tradizionale un passo oltre, per sviluppare un processo di crescita continua focalizzato su innovazione, sperimentazione e decisioni assunte sulla base dell’analisi dei dati.
Il growth hacker è una figura professionale di cui si parla dal 2010, quando il marketer Sean Ellis pubblicò un articolo dal titolo “Find a growth hacker for your startup” sul proprio blog startup-marketing.com. Ellis in quel momento era considerato il miglior marketer nel mondo delle startup americane, dopo aver aiutato a crescere progetti come Dropbox. Il growth hacker pero è una figura che trova spazio non solo all’interno delle startup, anche se nasce in questo ecosistema.
In una startup infatti tutti fanno tutto, e all’inizio la persona incaricata del marketing è una sola. È in questo contesto che negli Stati Uniti nasce quella figura ibrida, esperta di marketing, prodotto, in grado di raccogliere e analizzare dati e alla bisogna di scrivere qualche riga di codice, che oggi negli USA guadagna in media 82mila dollari all’anno (dati Indeed).
Quello che rende i growth hacker rari è il variegato background di conoscenze necessarie a mettere in pratica processi di sperimentazione, ottimizzazione e crescita. In sostanza però il growth hacker altro non è che un esperto di marketing e crescita.
Il growth hacking è quello che il marketing doveva essere fin dall’inizio. Michael Brenner
Che cosa fa il growth hacker e a chi serve
Il growth hacker è chiamato in causa quando è necessario crescere. In qualsiasi azienda. Egli sviluppa processi di sperimentazione continua e rapida per individuare il modo più efficace di raggiungere gli obiettivi di crescita del business di cui si occupa.
Comprendere cosa sia il growth hacking è più facile se chiariamo cosa significhi growth hack. Questo è il risultato del lavoro del growth hacker. Ovvero, il processo migliore per incrementare i risultati di una determinata azione di marketing. I termini hack e hacking qui sono utilizzati per indicare un tipo di attività alla cui base è presente una forte creatività necessaria a migliorare i risultati del marketing in contesti così nuovi in cui spesso mancano soluzioni rodate, e in cui spesso è necessario inventarsele.
L’esempio di AirBNB
Così fu per AirBnb quando offrì ai propri utenti di pubblicare i propri annunci in automatico anche su Craiglist, dove tutti andavano a cercare case in affitto, anche se Craiglist non offriva gli strumenti necessari (API) per farlo. Il growth hacker di AirBnb allora fece quello che in gerco si chiama reverse engineering e scoprì come compilare i form di pubblicazione degli annunci di Craiglist in automatico, senza chiedere il permesso a nessuno.
L’esempio di McDonald
Il growth hack non è necessariamente digitale. Un esempio divenuto caso di scuola è quello di McDonald, che negli anni Cinquanta in America aprì ristoranti lungo le prime strade interstatali individuando quello come nuovo canale di acquisizione clienti.
Le competenze necessarie per diventare growth hacker
Oggi imparare le nozioni di base del growth hacking è utile a tutti coloro che si occupano di digital marketing, acquisizione clienti e product management.
Come abbiamo visto, la prima cosa da fare per diventare growth hacker è iniziare a sperimentare sulla base dei dati.
Se abbiamo dei dati, guardiamo i dati. Se tutto quello che abbiamo sono opinioni, prendiamo le mie. Jim Barksdale, ex Netscape CEO
Il growth hacker più che scegliere come agire chiede ai dati cosa deve fare, per così dire. Non va però considerato un mero esecutore: in quello che fa, al growth hacker è richiesta una notevole componente di creatività, come abbiamo visto, perché il growth hacker lavora dietro le quinte ed è qui che dà il proprio maggior contributo. Che poi, ridotto all’osso, è chiedersi perché e per come una cosa funziona e ottimizzarne il funzionamento, o, nei peggiori dei casi, farla funzionare. Ed è per questo che si utilizza il termine hacker per indicare questo tipo di marketer.
Il growth hacker deve avere competenze in tre aree specifiche:
- marketing: il growth hacker è in essenza un marketer con competenze di copywriting, UX, psicologia e comportamenti di utenti e clienti;
- prodotto e design: in un certo senso, è lui stesso un po’ product manager;
- programmazione: perché alle volte serve capire le logiche di chi scrive codice e addirittura intervenire su di esso.
Chi fa del growth hacking la propria missione diventa presto in grado di individuare i processi da mettere in pratica per ottenere un risultato di crescita. Ecco alcune delle attività tipiche di un growth hacker:
- A/B testing
- Ottimizzazione SEO
- Content e mail marketing
- Social marketing
- Advertising.
Queste attività sono finalizzate ad aumentare traffico, acquisire clienti, convertire utenti in clienti, trasformare clienti in referral, e altre attività di questo tipo. Senza alcuna reale limitazione, perché laddove è necessario far crescere qualcosa il growth hacker è la persona a cui chiedere.
Che differenza c’è con il marketing tradizionale?
Come abbiamo scritto in precedenza, il lavoro del growth hacker inizia laddove termina quello del marketer “tradizionale”. Vale a dire, mentre questo è concentrato sulla creazione di attenzione nei confronti di un brand o prodotto e sull’acquisizione di clienti (awareness e acquisition), il growth hacker si spinge oltre lavorando sul cliente acquisito, attivandolo per farlo innamorare del prodotto (activation), fidelizzandolo (retention), facendogli spendere ulteriormente i propri soldi nell’azienda di cui oramai è innamorato (revenue), e ingaggiandolo per “contagiare” i propri amici (referral).
Il funnel dei pirati e le basi del growth hacking
Pur non essendo una disciplina codificata, il growth hacking ha dei punti di riferimento abbastanza chiari. Uno di questi è il cosiddetto “funnel dei pirati”, composto dalle attività di cui sopra e identificato dalla parola AARRR, che, in qualche modo, si rifà al “verso dei pirati”:
- Acquisition
- Activation
- Retention
- Referral
- Revenue.
All’origine del funnel dei pirati c’è un framework ideato nel 2007 da Dave McClure, fondatore di uno dei più importanti acceleratori di startup del mondo, 500 Startups, che suddivise ogni attività di business in cinque passaggi precisi e per ognuno di essi identificò metriche da rilevare e analizzare.
Oltre al funnel dei pirati, alcune delle componenti più note e importanti del growth hacking sono il customer development così come definito da Steve Blank, uno dei padri putativi della metolodiga lean startup, e il libro The lean startup in cui Eric Ries descrive un processo per la validazione rapida di un business digitale attraverso cicli di sviluppo, misurazione e analisi dei dati raccolti.
Il growth hacking per le imprese tradizionali
Pur essendo nato in uno specifico contesto, oggi il growth hacking è fondamentale in ogni tipo di azienda, e questo ne fa una delle figure più ricercate sul mercato, determinando così uno stipendio più alto di quello del comune esperto di marketing. Se da un lato infatti gli strumenti digitali sono oggi quelli meno costosi e più veloci da utilizzare per qualunque azienda interessata a far crescere il proprio business, dall’altro i mercati tradizionali sono spesso saturi e le aziende si ritrovano spesso davanti a canali di marketing sovraffollati.
Cosa fa in concreto un growth hacker
L’attività quotidiana di un growth hacker è finalizzata a rendere efficaci ed efficienti le campagne pubblicitarie, migliorare l’acquisizione di clienti, e implementare i risultati che determinano la “traction”, ovvero l’incremento di quei valori che indicano il successo o meno di un business. Ogni giorno il growth hacker si divide fra la verifica continua dei dati raccolti, la sperimentazione di alternative di processo attraverso mini-progetti con mini-budget, e la trasformazione delle nozioni apprese attraverso analisi e sperimentazione in azioni concrete per indurre un processo di crescita nell’attività a cui si sta dedicando.
Per diventare growth hacker occorre quindi imparare a utilizzare strumenti avanzati per realizzare campagne sui social network e sui motori di ricerca, capire come ottimizzare una campagna in base agli obiettivi e ai primi dati raccolti, imparare a progettare e realizzare A/B test, costruire diversi tipi di landing page, testare diversi funnel di vendita fino a trovare il più efficace, il tutto con l’obiettivo di attrarre utenti, convertirli in clienti (non necessariamente al primo colpo) e fidelizzarli in modo che essi stessi poi contribuiscano alla promozione del brand (hai presente gli adesivi che Apple include nelle scatole di iPhone, iPad e Mac?).
Come diventare growth hacker: i primi passi
Il punto di partenza per diventare growth hacker è comprenderne le basi. Nel web ci sono diverse risorse gratuite e a pagamento, a cominciare dal sito growthhackers.com creato da Sean Ellis e la Definitive Guide to Growth Hacking di Neil Patel, uno dei growth hacker più noti, disponibile gratuitamente sul suo sito.
Come diventare un esperto di growth hacking
Per diventare growth hacker in breve tempo è pero necessario comprendere e capire come replicare i processi più usati dalle aziende che hanno scritto la storia del growth hacking. Per questo Life Learning ha realizzato un Master in Growth Hacking Avanzato
L’obiettivo di questo corso è consentire ai marketer di aggiungere alle proprie competenze quelle relative al growth hacking nel minor tempo possibile.
Iscrivendoti al “Master Avanzato in Growth Hacking: Diventa un Esperto in Strategie di Crescita per Aziende“ avrai accesso alle lezioni online dove imparerai:
-Il mindset del Growth Hacker;
-I segreti delle startup di successo come Dropbox, Hotmail e Groupon;
-Come creare un processo automatizzato per far scalare velocemente qualsiasi azienda;
-Come analizzare i dati per creare nuove strategie marketing;
-Come creare campagne virali per aumentare la visibilità del Brand.